Haiti, ancora proteste a Port-au-Prince: gli Stati Uniti evacuano l’Ambasciata

Le proteste arrivano mentre Haiti si prepara per una nuova leadership dopo che il primo ministro Ariel Henry ha annunciato martedì che si dimetterà una volta creato un consiglio presidenziale transitorio

Port au Prince, 14 marzo 2024 – In una Port au Prince ormai allo sbando, con le gang armate che controllano l’80% della città, gli Stati Uniti hanno evacuato il personale non essenziale dell’ambasciata e rafforzato la sicurezza nella sede diplomatica con un contingente di marines. La missione resta operativa, ma il trasferimento nottetempo, con un elicottero militare, non è che un ulteriore segnale del clima deteriorato nella capitale.

Una situazione che anche Papa Francesco all’Angelus ha detto di «seguire con preoccupazione», invitando a «pregare perché cessi ogni sorta di violenza». A questo si aggiunge la decisione del presidente della confinante Repubblica Dominicana, Luis Abinader, di dichiarare il primo ministro haitiano, Ariel Henry, persona non grata. Un’iniziativa che il capo di Stato ha giustificato con motivi di «sicurezza nazionale», nel timore che l’onda lunga dei disordini possa raggiungere il suo Paese. Tanto che Santo Domingo ha chiuso anche i 390 chilometri di frontiera che condivide con Haiti, con severe restrizioni alla circolazione delle merci, e bloccando possibili vie di fuga per gli haitiani.

Già nei giorni scorsi la Repubblica Dominicana non aveva autorizzato l’atterraggio dell’aereo privato con cui il premier Henry aveva cercato di rientrare nell’isola caraibica. E del primo ministro, riparato a Porto Rico in un esilio forzato (dopo il suo viaggio in Kenya per concordare una Missione multinazionale di sicurezza) si sa solo che ha cambiato nascondiglio scortato dall’Fbi, dopo che un gruppo di manifestanti della comunità haitiana si è riunito davanti al suo hotel, per contestarlo.

Per oggi la Comunità dei Caraibi ha organizzato una riunione straordinaria a Kingston, la capitale giamaicana, per discutere della crisi anche con i rappresentanti delle Nazioni Unite, invitati per l’occasione. Un contesto in cui non si escludono le dimissioni del premier, dopo le sollecitazioni del segretario di Stato Usa, Antony Blinken, ad «accelerare la transizione verso un governo più ampio».

Gli assalti simultanei e coordinati delle bande criminali alle stazioni di polizia e ai palazzi governativi della notte tra venerdì e sabato, intanto hanno lasciato una Port au Prince sempre più immersa in una bolla di terrore, mentre con le infrastrutture bloccate e gli ospedali saccheggiati crescono le difficoltà anche per reperire cibo, acqua e medicinali. Di fronte a questo sfacelo, il presidente di El Salvador – noto per la sua controversa politica di sicurezza nella lotta contro le gang – ha fatto sapere di «poter risolvere» la situazione. A patto però di «una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, il consenso del governo» di Haiti, e «la copertura totale delle spese».

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Haití, más protestas en Puerto Príncipe: Estados Unidos evacua la Embajada

Las protestas se producen mientras Haití se prepara para un nuevo liderazgo después de que el primer ministro Ariel Henry anunciara el martes que dimitiría una vez que se creara un consejo presidencial de transición

Puerto Príncipe, 14 de marzo de 2024 – En un Puerto Príncipe ahora en desorden, con bandas armadas controlando el 80% de la ciudad, Estados Unidos evacuó al personal no esencial de la embajada y reforzó la seguridad en la sede diplomática con un contingente de infantería de marina. La misión sigue operativa, pero el traslado nocturno, con un helicóptero militar, no es más que una señal más del deterioro del clima en la capital.

Una situación que el Papa Francisco también dijo en el Ángelus “seguir con preocupación”, invitándonos a “rezar para que cese todo tipo de violencia”. A esto se suma la decisión del presidente de la vecina República Dominicana, Luis Abinader, de declarar persona non grata al primer ministro haitiano, Ariel Henry. Una iniciativa que el jefe de Estado justificó con motivos de “seguridad nacional”, temiendo que la larga ola de disturbios pudiera llegar a su país. Tanto es así que Santo Domingo también ha cerrado los 390 kilómetros de frontera que comparte con Haití, con severas restricciones al movimiento de mercancías y bloqueando posibles rutas de escape de los haitianos.

Ya en los últimos días República Dominicana no había autorizado el aterrizaje del avión privado con el que el primer ministro Henry había intentado regresar a la isla caribeña. Y lo único que se sabe del primer ministro, que se refugió en Puerto Rico en un exilio forzado (tras su viaje a Kenia para acordar una misión de seguridad multinacional), fue que cambió de escondite escoltado por el FBI, después de que un grupo de manifestantes de la comunidad haitiana se reunió frente a su hotel, para impugnarlo.

Para hoy la Comunidad del Caribe ha organizado una reunión extraordinaria en Kingston, capital de Jamaica, para discutir la crisis también con representantes de las Naciones Unidas, invitados para la ocasión. Un contexto en el que no se puede descartar la dimisión del primer ministro, tras las peticiones del secretario de Estado estadounidense, Antony Blinken, de “acelerar la transición hacia un gobierno más amplio”.

Mientras tanto, los ataques simultáneos y coordinados de bandas criminales contra comisarías y edificios gubernamentales en la noche del viernes al sábado han dejado a Puerto Príncipe cada vez más inmerso en una burbuja de terror, mientras que con las infraestructuras bloqueadas y los hospitales saqueados, las dificultades también aumentan. para encontrar alimentos, agua y medicinas. Ante esta debacle, el presidente de El Salvador -conocido por su controvertida política de seguridad en la lucha contra las pandillas- ha hecho saber que “puede resolver” la situación. Sin embargo, siempre que sea “una resolución del Consejo de Seguridad de la ONU, el consentimiento del gobierno” de Haití y “la cobertura total de los gastos”.

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