Cile: trovata morta Albertina Martinez Burgos. Per la “mimo” ipotesi di suicidio a cui non credono “Ni Una Menos”

Agenzia AGI – Roma, 24 nov. – La polizia ha trovato macchie di sangue in diverse zone dell’appartamento di Albertina, il cui corpo presentava delle ferite da arma da taglio. Lo riportano i media locali, ricordando che la donna, attivista femminista, lavorava per l’emittente Megavisio’n e come fotografa freelance. La famiglia della donna ha chiesto cautela e ha tenuto a sottolineare che Bety – il diminutivo con cui la chiamavano amici e parenti – “non partecipava in modo attivo” al movimento di protesta. Inizialmente, alcuni media avevano raccontato che la fotografa stava documentando la repressione dei manifestanti e gli abusi commessi dai ‘Carabineros’ sulle donne. Il procuratore Debora Quintana ha dichiarato che si sta “chiaramente indagando per presunto omicidio, ma si aspetta ancora l’esito dell’autopsia”. Il movimento femminista ‘Ni Una Menos’ (Non una di meno) in Cile ha chiesto sui social che venga fatta chiarezza sulle circostanze della morte della donna e ha denunciato che il computer e la macchina fotografica di Albertina non erano nel suo appartamento, quando e’ stata trovata cadavere. La morte di Albertina Marti’nez Burgos in Cile segue quella di Daniela Carrasco, conosciuta anche come ‘el mimo’, diventata uno dei volti delle proteste. La donna era stata trovata impiccata a una recinzione alla periferia di Santiago, in circostanze sospette. (AGI)

Secondo quanto riportato da Avvenire…

La morte di Daniela Carrasco, in arte “La Mimo”, avvenuta tra il 19 e il 20 ottobre scorso, all’inizio della protesta che ha scosso il Cile, sarebbe, dunque, un suicidio, come rilevato dall’autopsia. I medici forensi non hanno trovato, al momento, segni di tortura né di stupro sulla 36enne. Non solo: quest’ultima avrebbe anche lasciato un biglietto ai parenti per spiegare le ragioni del suo atto disperato. A sostenerlo non è un’istituzione legata in qualche modo all’apparato governativo e, pertanto, tacciabile di parzialità. Bensì l’associazione delle avvocate femministe cilene, meglio nota come Abofem, che ha assunto gratuitamente la rappresentanza legale della famiglia dell’artista deceduta.

Ipotesi che è stata immediatamente respinta dalla coordinatrice di “Ni Una Menos – Chile” che, pochi giorni dopo la morte del mimo, aveva dichiarato che “Daniela è stata violentata, torturata, nuovamente violentata fino al punto di toglierle la vita”, e dalla rete di attrici cilene che avevano denunciato che Carrasco “è stata rapita dalle forze militari nei giorni della protesta il 19 ottobre” e avevano fatto un appello al governo e alla ministra Isabel Pla affinché fosse fatta luce sulla morte dell’artista di strada e su altre 12 denunce di violenza sessuale da parte delle forze dell’ordine.

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